2007

La libertà economica nel mondo, in Europa, in Italia

Rapporto 2007

Categoria/Category
Indici della libertà economica / Economic Freedom Index
,
Editore/Publisher
Guerini e Associati
Pagine
160
Prezzo
18 euro

Abstract

di Giovanni Ronca e Gabriele Guggiola. Prefazione di Mario Deaglio

Dal 2001 il Centro Einaudi ha dato vita a un Indice della libertà economica dell'Unione Europea (ILEUE) che, nell’edizione 2007, misura il grado di libertà economica dei paesi appartenenti all'UE a 27 e di quest'ultima nei confronti del Giappone e degli Stati Uniti nonché dei paesi che si affacciano sul bacino del Mediterraneo. Nel 2004 si è introdotto il nuovo Indice della libertà economica delle regioni italiane (ILERI), rivisto e aggiornato nell'edizione 2007.


Che cos’è la libertà economica? La definizione che il Centro Einaudi adotta da anni per questo lavoro, originato dalla collaborazione con l’Economic Freedom Network e con il Fraser Institute, dice che la libertà economica può genericamente definirsi come «l’assenza di ogni tipo di coercizione o vincolo alla produzione, alla distribuzione o al consumo di beni e servizi al di là dei limiti necessari agli individui per preservare la libertà stessa».
Alla definizione ci siamo sempre premurati di aggiungere un caveat importante. Ricordiamo, infatti, ai lettori che gli indici di libertà economica hanno un limite perché analizzano soltanto alcuni aspetti del «vivere economico», e se ne suggerisce dunque un impiego accorto, senza forzature interpretative e strumentalizzazioni.
Questo non significa affatto che misurare la libertà economica sia un esercizio fine a se stesso e che la valutazione dei risultati debba prescindere dal contesto politico in cui un paese o una regione si trova. Al contrario, dall’analisi emerge con chiarezza il fatto che non esiste un dualismo netto tra libertà economica e libertà politica.
La tesi non è originale. Nel 1960 Ludwig von Mises scriveva che le persone «sono ingannate dall’idea che […] ci sia da una parte una sfera di attività di tipo economico e dall’altra una di tipo non economico. Tra questi due ambiti si pensa che non ci sia una stretta relazione». Le conclusioni di von Mises sono che ciò non sia affatto vero: una politica che miri alla crescita della libertà economica è, infatti, in grado di creare contemporaneamente terreno fertile affinché attecchiscano le «altre» libertà non economiche. [Sull'argomento, si veda il paragrafo «Libertà economica e democrazia» nel Capitolo 1, pp. 20 e seguenti]
Una sorta di evidenza empirica dell’inesistenza del dualismo tra libertà economiche e non economiche deriva proprio dalla sequenza di analisi proposte in questo Rapporto del Centro Einaudi. Nei capitoli del libro sono esposti tre esercizi di misurazione di libertà economica: tra un ampio cluster di nazioni del mondo, tra i paesi dell’Unione Europea, tra le regioni italiane. Si tratta di un’analisi «a cannocchiale» dalla quale appare evidente che, man mano che l’ambito di analisi si restringe (dal mondo alle regioni italiane), la metodologia di misurazione viene rivista e adattata. Restringendo progressivamente l’ampiezza geografica dell’analisi si nota, infatti, che la misurazione della libertà economica perde di pregnanza se non se ne modifica la metodologia, tenendo in considerazione le caratteristiche storiche, politiche, sociali e geografiche che hanno determinato un dato modello economico. Si arriva addirittura a considerare come elementi positivi di «libertà economica» aspetti che di per sé derivano dall’intervento pubblico, elementi che nella macro-analisi mondiale assumono valenza diametralmente opposta.
Si passa progressivamente dall’approccio metrico (iper-) liberista sviluppato dal Fraser Institute per 130 paesi del mondo (Capitolo 1) a un adattamento della metodologia in chiave più keynesiana per la misurazione della libertà economica nell’Unione Europea a 27 (Capitolo 2), per concludere con l’esercizio applicato a un contesto addirittura non federale come quello delle regioni italiane (Capitolo 3).
Tornando alle idee di von Mises – ovvero al concetto dualistico secondo il quale la crescita delle libertà economiche facilita lo sviluppo di quelle non economiche –, il Rapporto suggerisce che, nella realtà storica dei fatti, le libertà economiche possono svilupparsi con una velocità di gran lunga maggiore di quelle non economiche. Guardando a esempi concreti, l’ottimo voto di libertà economica registrato da anni per Hong Kong, Singapore o gli Emirati Arabi non è stato accompagnato da uno sviluppo egualmente pronunciato delle libertà non economiche; di converso, la storia di un paese come il Sudafrica mostra come lo sviluppo delle «altre» libertà sia un fattore determinante per la crescita economica del paese.
In altre parole, benché su un arco temporale lungo la correlazione diretta tra libertà economiche e non economiche sia sicuramente molto elevata, nel breve/medio periodo non mancano gli esempi di paesi economicamente molto liberi, ma politicamente e socialmente non altrettanto. Ciò pone in discussione la tesi secondo la quale da una politica prettamente liberista scaturisce anche l’accrescimento spontaneo e pari passu delle libertà non economiche.
Nei capitoli del Rapporto proponiamo un aggiornamento dei tre esercizi di misurazione della libertà economica già pubblicati nel 2004. La speranza è che il lettore non abbia la sensazione che si tratti della banale compilazione di una sorta di «guida Michelin» della libertà economica, così come questo tipo di analisi fu definito qualche anno fa da un editoriale del Wall Street Journal. Ci auguriamo, invece, che l’analisi proposta possa rappresentare piuttosto una fonte di riflessione critica. Siamo convinti, infatti, che 1) la libertà economica non può essere considerata un fine, ma solo un mezzo per il progresso politico e sociale di una nazione, 2) non solo non vi è dualismo tra libertà economiche e non economiche, ma anzi un «investimento» in libertà politica è in grado di indurre l’aumento della libertà economica stessa, e 3) il liberismo da solo, nel breve/medio periodo, non induce una crescita spontanea e di pari passo delle libertà non economiche.

Il volume presenta i risultati della misurazione della libertà economica nel mondo, nell’Unione Europea e nelle regioni italiane.
L’indice mondiale della libertà economica (EFW), elaborato dal Fraser Institute di Vancouver in collaborazione con il Centro Einaudi e gli altri think-tanks che compongono l’Economic Freedom Network, assegna un voto di libertà economica a 130 paesi del mondo.
L’indice della libertà economica dell’Unione Europea (ILEUE) in questa edizione non solo allarga l’analisi all’Unione a 27 e alla Turchia, ma disegna il quadro di libertà dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo, mettendo a confronto l’UE con i dirimpettai dei Balcani e del Nordafrica. Non manca, inoltre, uno specifico focus sull’Italia, che vede il paese in leggera ripresa in termini assoluti, pur tra i più lenti nel contesto europeo. Infine, si mette a confronto l’Unione con gli altri principali attori dell’economia globale di oggi e del futuro: Stati Uniti e Giappone da una parte, Cina e India dall’altra.
L’indice della libertà economica delle regioni italiane (ILERI) è stato radicalmente ridisegnato al fine di renderlo ancora più «sensibile» nel cogliere le peculiarità del contesto regionale italiano. Tra le novità di questa edizione, vi è il calcolo della correlazione tra l’indice e la presenza di immigrati: se ne desume che la libertà economica sembra essere un fattore abilitante per la regolarizzazione della popolazione immigrata.


La prefazione di Mario Deaglio in formato pdf e i database in formato excel contenenti tutti i dati numerici relativi ai tre indici presentati sono scaricabili gratuitamente da questo sito.

zip Prefazione e Database (742.19 Kb)