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La bassa crescita e le perduranti difficoltà dell’economia italiana pongono il tema del disegno di un nuovo modello di sviluppo, che consenta al paese di riprendere il cammino di progresso interrotto ormai più di 15 anni fa. Se a livello macroeconomico l’obiettivo è di riequilibrare lo scambio politico «masochistico» che ha prodotto in Italia salari più bassi e prezzi più alti che nei partner europei, a livello microeconomico occorre una pervasiva reingegnerizzazione dei luoghi di lavoro fondata sulla partecipazione cognitiva dei lavoratori al processo produttivo, che va sostenuta con innovazioni tanto tecnologiche quanto organizzative. Vengono definite le linee di rinnovamento dell’impresa italiana, tenendo conto della necessità di plasmarne l’organizzazione al fine di valorizzare il capitale umano e di trasformare le qualifiche possedute dalla manodopera in competenze polifunzionali effettivamente agite. Viene analizzato il tema del riconoscimento della comunità di lavoro di appartenenza, avendo a riferimento essenzialmente l’impresa o il territorio. Il saggio evidenzia pregi e difetti di entrambe le alternative, mettendo in luce l’utilità dell’applicazione dell’art. 46 della Costituzione come necessario elemento di riequilibrio, nella contrattazione, del potere datoriale fortemente rafforzato dal nuovo contesto globalizzato.