Abstract
Le evoluzioni complesse del ruolo dei giudici e del legislatore, unitamente alla complessità delle interazioni tra sistemi giuridici differenti e tra loro concorrenti, sembrano conclamare la crisi del tradizionale assetto costituzionale della tutela dei diritti e delle libertà individuali, e paiono, anzi, moltiplicarne le occasioni di pregiudizio. La prima reazione potrebbe consistere nel dimostrare che in ciò consiste l’ultima evoluzione della secolarizzazione, e che sarebbe così provata la debolezza intrinseca del riferimento teologico-politico a essa sotteso. In realtà, una simile conclusione implica un misconoscimento dell’autentico significato della secolarizzazione e delle sue possibili e ambigue interpretazioni nella storia del costituzionalismo moderno. Ciò a cui assistiamo attualmente è soltanto lo spostamento progressivo, su scala più ampia e su istituzioni pubbliche differenti, di una medesima e originaria intenzione costituzionale. Essa riscopre, nel pluralismo difforme e talvolta contraddittorio delle sue manifestazioni, un’ulteriore rappresentazione dell’esigenza, tipicamente secolare, a che ogni potere sia controllato e limitato, a favore di uno spazio di libertà sempre più diffuso in quanto garantito da un costante processo di giuridificazione.
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