Abstract
La caduta della produzione si è arrestata e per il 2010 si delineano pallide prospettive di crescita. La crisi economica è dunque ormai alle nostre spalle? In termini produttivi probabilmente sì, ma certamente non in termini occupazionali.
Le statistiche relative ai primi due trimestri di quest’anno ci dicono che per ora sono stati soltanto i lavoratori con contratti di durata prefissata a perdere il posto. Ragionevole. La storia del mercato del lavoro italiano ci insegna però che non saranno gli unici: l’onda lunga delle ristrutturazioni aziendali e l’esaurirsi della cassa integrazione porteranno alla
disoccupazione anche parte dei lavoratori «tipici», dipendenti a tempo indeterminato. Il numero dipenderà dai piani industriali delle imprese e dalla disponibilità del governo a concedere nuove deroghe in tema di ammortizzatori sociali, ma il fatto in sé non sarebbe una novità per un paese che – a dispetto dell’opinione di molti – già negli anni Ottanta vantava un’elevata flessibilità. Non dunque chi diventa disoccupato, ma come lo diventa è il quesito da porre. La risposta è chiara: con schemi di mantenimento del reddito del tutto inadeguati alla realtà del mercato del lavoro italiano.
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