Abstract
Il dibattito presentato in queste pagine si propone di «fare il punto» sullo stato attuale e sulle prospettive future del liberalismo in Italia: inteso, quest’ultimo, tanto nell’accezione di tradizione di pensiero, quanto di atteggiamento culturale «diffuso», quanto infine di espressione politica organizzata. All’intervento di apertura di Piero Ostellino seguono una serie di contributi (autori: Luca Anselmi, Dario Antiseri, Aldo Bello, Salvatore Carrubba, Franco Chiarenza, Raimondo Cubeddu, Vincenzo Ferrari, Maurizio Ferrera, Giorgio S. Frankel, Fulvio Gianaria, Giancarlo Lunati, Anthony Marasco, Piero Melograni, Pier Giuseppe Monateri, Mario Montorzi, Antonio Patuelli, Orazio M. Petracca, Angelo M. Petroni, Angelo Pezzana, Giorgio Rebuffa, Sergio Ricossa, Stefano Sacchi, Enrico Salza, Paolo Savona, Galeazzo Scarampi, Carlo Scognamiglio, Massimo Teodori, Giuliano Urbani, Valerio Zanone, Giuliano Zincone); il dibattito verrà chiuso da una replica di Ostellino, che sarà pubblicata nel prossimo numero di «Biblioteca della libertà». La tesi di Ostellino è che il liberalismo nelle sue diverse accezioni abbia avuto storicamente, e continui ad avere, vita difficile in Italia, soprattutto perché la competizione e il conflitto, che nelle società di democrazia liberale matura sono un fisiologico fattore di dinamismo sociale e di progresso sociale ed economico, in Italia invece vengono percepiti come un’anomalia, se non addirittura una patologia da esorcizzare. A confermare tale interpretazione starebbero vicende recenti quali i tentativi di riforma della scuola, del sistema pensionistico, del welfare, del sistema giudiziario, o la persistente pratica della concertazione fra governo e parti sociali. Tracce di tale antiliberalismo congenito si ritroverebbero nella stessa Costituzione repubblicana, ed esso andrebbe in parte anche attribuito all’ostilità della cultura cattolica nei confronti del pensiero liberale. Per venire al presente, Ostellino valuta come sostanzialmente fallito anche il tentativo di «partito liberale di massa» da parte dell’attuale presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, nonché del tutto marginalizzato il ruolo di alcuni liberali che in tale tentativo si erano identificati. Gli interventi suscitati dall’articolo di Ostellino riprendono le sue argomentazioni da una varietà di punti di vista – economico, storico , politologico, di filosofia politica… – e sotto diversi profili specialistici, dalle questioni della giustizia alla riforma del welfare, alla questione del rapporto fra cultura liberale e cultura cattolica, per citarne qualcuno. A chi condivide la diagnosi pessimistica di Ostellino si accompagna chi invece considera come sostanzialmente positiva l’evoluzione del sistema italiano in anni recenti e anche chi sottolinea, per un verso, i caratteri liberali della Costituzione e, per altro verso, certi caratteri illiberali dell’attuale esperienza di governo.
The debate in the following pages takes stock of the present state and future prospects of liberalism in Italy: as a tradition of thought, as a ‘diffuse’ cultural approach and as an organised political expression. Piero Ostellino’s introduction is followed by brief articles by Luca Anselmi, Dario Antiseri, Aldo Bello, Salvatore Carrubba, Franco Chiarenza, Raimondo Cubeddu, Vincenzo Ferrari, Maurizio Ferrera, Giorgio S. Frankel, Fulvio Gianaria, Giancarlo Lunati, Anthony Marasco, Piero Melograni, Pier Giuseppe Monateri, Mario Montorzi, Antonio Patuelli, Orazio M. Petracca, Angelo M. Petroni, Angelo Pezzana, Giorgio Rebuffa, Sergio Ricossa, Stefano Sacchi, Enrico Salza, Paolo Savona, Galeazzo Scarampi, Carlo Scognamiglio, Massimo Teodori, Giuliano Urbani, Valerio Zanone and Giuliano Zincone. The debate will be concluded by a reply by Ostellino in the next number of Biblioteca della libertà. Ostellino’s thesis is that, in its different interpretations, liberalism has had and continues to have a difficult time in Italy, especially insofar as competition and conflict, which in societies of mature liberal democracy are a ‘physiological’ factor of social dynamism and social and economic progress, are perceived here as an anomaly, indeed as a ‘pathology’ that needs to be exorcised. To demonstrate this interpretation, he cites recent episodes such as the attempts to reform education, the pension system, the welfare state and the judicial system, as well as persistent concertation between the government and the unions. He argues that traces of this congenital anti-liberalism are to be found in the Constitution of the Republic itself, and that it may be partly attributed to the hostility of Catholic culture towards liberal thought. Coming to the present, Ostellino judges the present Italian prime minister Silvio Berlusconi’s attempt to form a ‘mass liberal party’ as a substantial failure, and the role of liberals who identified with the project as totally marginal. The views prompted by Ostellino’s article approach his arguments from a variety of angles – economic, historical, politological, philosophical – and in different specialist ambits: from the questions of justice and the reform of the welfare state to that of the relationship between liberal and Catholic culture, to cite just three of them. Some authors share Ostellino’s pessimistic diagnosis, others consider the evolution of the Italian system in recent years as substantially positive, while others still stress, on the one hand, the liberal features of the Constitution and, on the other, certain illiberal features in the actions of the present government.