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Archeologia di una visione moderna del senso comune

Archaeology of a Modern Vision of Common Sense

Categoria/Category
Anno XXXVII, n. 166, settembre-ottobre 2002
Editore/Publisher
Centro Einaudi

Abstract

Le analisi efficaci prodotte dalle scienze sociali partono dall’idea che il buon senso è la cosa meglio distribuita al mondo, ma che le ragioni che ispirano il comportamento e le credenze dipendono da parametri contestuali. Ma l’empirismo (più esattamente, un corollario abusivamente tratto da un teorema di Hume) e il positivismo (più esattamente, due idee dominanti di Comte) hanno indotto delle idee che passano per evidenze circa una frattura tra l’essere e il dover essere; circa ciò che è la scienza e ciò che dovrebbe essere. Per un effetto perverso esemplare, niente ha allontanato di più le scienze umane dal loro obiettivo, diventare delle vere scienze, dell’idea che a questo scopo esse dovessero naturalizzare il loro oggetto. Si misura l’importanza di questo programma naturalista con il fatto che alcuni epistemologi non esitano a dichiarare che esistono due tipi fondamentali di spiegazioni del comportamento: la spiegazione "per norme" e la spiegazione "per ragioni". Questa bizzarra denominazione sembra presupporre che non si possano avere delle ragioni per accettare una norma. Nella sua stravaganza, evidenzia il fatto che le scienze sociali sono oggi effettivamente lacerate tra un programma naturalista e un programma razionalista. Senza dubbio occorre ritornare al secondo, al programma cioè favorito dei teorici classici.

The effective analyses produced by the natural sciences set out from the idea that common sense is the best distributed thing in the world, whereas the reasons that inspire behaviour and beliefs depend on contextual parameters. But empiricism (more precisely, a corollary improperly taken from a theorem of Hume’s) and positivism (more precisely, two dominant ideas of Comte’s) have induced ideas that pass off as evidence of a fracture between being and having to be: about what science is and what it ought to be. Due to its exemplary and perverse effect, nothing has pushed human sciences further away from their objective – that of becoming true sciences – than the idea that they should naturalize their subject-matter to this purpose. The importance of this naturalist program is measured by the fact that some epistemologists have no hesitation in declaring that two fundamental types of explanation exist for behaviour: the explanation ‘by norms’ and the explanation ‘by reasons’. This bizarre denomination seems to presuppose that there can be no reasons to accept a norm. Extravagant though it is, it highlights the fact that social sciences are effectively torn between a naturalist programme and a rationalist one. There can be no doubt that it is necessary to return to the second; that is to say to the programme favoured by classical theorists.

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