Abstract
Questo lavoro si inserisce all’interno del dibattito concernente l’esistenza di una "specificità" dei paesi che partecipano al processo di integrazione iniziato nei primi anni del secondo dopoguerra con la firma del Trattato di Roma. In particolare si vuole tentare di rispondere a due domande: la prima è se esista una vocazione di tali paesi all’integrazione, se cioè essi presentino sostanziali differenze rispetto agli altri "compagni di viaggio" nel processo di crescita e sviluppo economico; la seconda questione riguarda l’esistenza di effetti positivi del processo in atto. Lo scopo di questo scritto è quello di analizzare i flussi di commercio con l’estero dei principali Stati membri dell’Unione Europea, per cercare di mostrare che anche su questo fronte esistono analogie atte a giustificare la creazione di un’unione economica, monetaria e magari anche politica. La risposta alle precedenti due domande sembra essere senz’altro positiva, pare cioè emergere una iniziale "tipicità" che si va rafforzando nel corso del trentennio analizzato: i paesi europei, alcuni dei quali partiti da lontano, evidenziano una tendenza all’omogeneità, convergono soprattutto per quanto riguarda la struttura delle bilance commerciali relative alle commodities, talvolta in forte contrasto rispetto alle altre economie del campione.
This essay is a contribution to the debate on whether there is something specific about the countries that are taking part in the integration process which began in the immediate postwar years following the signing of the Treaty of Rome. More specifically, it seeks to answer two questions: i) do such countries possess a penchant for integration, and are they substantially different from their ‘travelling companions’ in the process of economic growth and development? ii) is the ongoing process having positive effects? The essay analyses the overseas trade flows of the principal Member States of the European Union, seeking to demonstrate that analogies exist here too to justify the setting up of an economic, monetary and perhaps even political union. The answers to the two questions would appear to be affirmative in that an initial ‘typicality’ has gradually been built upon in the thirty-year period taken into account. European countries display a tendency towards homogeneousness (which, in some cases, goes back a long way), and converge above all in terms of the structure of their commodity trade balances, which sometimes clash sharply with those of the other economies studied in the sample.