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Razionalità e religione

Rationality and Religion

Categoria/Category
Anno XXXVI, n. 158, marzo-aprile 2001
Editore/Publisher
Centro Einaudi

Abstract

Uno dei tratti che più colpiscono degli scritti di Weber sulla religione è la frequenza con la quale usa il termine razionalità. Ciò dipende dalla sua adesione alla metateoria che è alla base del metodo della comprensione. Secondo questa teoria, il senso che un individuo attribuisce alle proprie credenze deve essere interpretato come la causa principale delle credenze stesse. La sociologia della religione di Weber deve la sua forza a questo quadro teorico. La sua concezione "razionale" delle credenze religiose non implica che queste siano frutto di un ragionamento. Ma che, se le credenze sono trasmesse dalla socializzazione, per essere accettate devono apparire al soggetto come fondate. Questi principi ispirano le pagine di Weber sulla magia, l’animismo, le grandi religioni, la diffusione del monoteismo, la teodicea o il disincanto del mondo. In queste pagine dimostra che il pensiero religioso si preoccupa della coerenza, è attento alla verificazione e alla falsificazione del dogma da parte del reale. Sviluppa un evoluzionismo complesso, spiega le irreversibilità di cui la storia delle religioni è testimone, ma evita ogni fatalismo. Scarta del tutto il ricorso alla psicologia del profondo e alla psicologia causalista, essendo la psicologia razionale l’unica compatibile con la nozione di "comprensione". Analizza l’evoluzione delle idee religiose ipotizzando che essa risponda agli stessi meccanismi dell’evoluzione delle idee giuridiche, economiche o scientifiche.

One of the most striking features of Weber’s writings on religion is the frequency with which he uses the word rationality. This derives from the metatheory on which he bases his interpretative method. According to this theory, the meaning an individual attributes to his beliefs should be seen as the main cause thereof. Weber’s sociology of religion owes its strength to this theoretical framework. His ‘rational’ conception of religious beliefs does not imply that these beliefs are the fruit of reasoning, but that, if they are transmitted by socialisation, they have to appear well-founded to the player in question, if he or she is to accept them. These principles inspire Weber’s writings on magical beliefs, animism, the great religions, the diffusion of monotheism and theodicy, or world disenchantment. He shows that religious thinking seeks coherence and tends to verify and falsify religious dogmas by comparing them with observable facts. He develops a complex version of evolutionism and explains the irreversibility of which the history of religions has been a witness, but he also avoids all forms of fatalism. He rejects all recourse to depth and causalist psychology, since rational psychology is the only one compatible with the notion of ‘comprehension’. He analyses the evolution of religious ideas, hypothesising that it responds to the same mechanisms as the evolution of ideas in other domains, such as law, economics or science.