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Europa / Indice della libertà economica dell’UE • L’Italia che non cambia

Europe / EU Economic Freedom Index No-change Italy

Categoria/Category
Anno XXXV, n. 157, novembre 2000-febbraio 2001
Editore/Publisher
Centro Einaudi

Abstract

Secondo l’Indice della libertà economica dell’Unione Europea, elaborato dal Centro Einaudi in collaborazione con il "Corriere della Sera", l’Italia è al quattordicesimo posto fra i paesi dell’UE, seguita solo dalla Grecia. È un dato che fa gridare allo scandalo i liberisti. Ma a ben guardare i risultati di questa ricerca, si scopre che la carenza di libertà economica nel nostro paese è solo la sindrome di una malattia più grave, che riguarda il funzionamento dei due poteri attraverso i quali si sostanzia il processo democratico: l’esecutivo e il legislativo. Secondo l’autore, il centro degli interessi economici, dell’elaborazione sociale e del consenso politico sono diventate le corporazioni, che difendono i propri privilegi con la stessa capacità di pressione con la quale il sindacato difende un proletariato in via di estinzione. Non è, dunque, la cultura collettivistica, come sostengono i liberisti, ma è se mai la frammentazione del quadro economico in piccoli gruppi di interesse che rallenta il processo di modernizzazione del paese. È la sudditanza della Politica al nuovo blocco sociale, come era accaduto in passato nei confronti del grande Capitale e del sindacato, che mortifica il mercato. Ed è perciò che non sembra esserci via di uscita.

According to the EU Economic Freedom Index elaborated by Centro Einaudi in collaboration with Corriere della Sera, Italy stands at fourteenth in the European Union, ahead only of Greece. It is a figure which scandalises liberalists, but studying the results of the survey more closely, it transpires that the lack of economic freedom here in Italy is only the syndrome of a more serious illness which affects the functioning of the two powers through which the economic process is substantiated: the executive and the legislative. According to the author, the centre of economic interests, social elaboration and political consensus has become the corporations, which defend their privileges with the same pressure capacity the trade unions adopt to defend a proletariat in danger of extinction. It is thus not, as liberalists argue, collectivist culture but, if anything, the fragmentation of the economic framework into small interest groups that is slowing down the modernisation of the country. It is the subjection of politics to the new social bloc, as was the case of big business and the unions in the past, that mortifies the market. Apparently, there is no way out.