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Sulla direttiva Bolkestein

On the Bolkestein Directive

Categoria/Category
Anno XLII, n. 186, gennaio-marzo 2007
Editore/Publisher
Guerini e Associati

Abstract

Gli articoli contenuti in questa sezione inaugurano la collaborazione tra «Biblioteca della libertà» e URGE, l’Unità di Ricerca sulla Governance Europea del Collegio Carlo Alberto, su un tema di grande interesse per il presente e il futuro dell’Europa. La direttiva sulla liberalizzazione dei servizi, meglio nota come direttiva Bolkestein, è l’argomento trattato in questo numero. La sezione, curata da Stefano Sacchi, affronta ciò che è stato uno dei principali oggetti del dibattito politico in Europa negli ultimi anni, dando luogo a forti mobilitazioni e proteste e contribuendo al voto negativo dei francesi nel referendum sulla Costituzione. Nel primo articolo (La direttiva Bolkestein: vicissitudini e problemi aperti) Paolo Crosetto fornisce un esauriente quadro informativo sulla direttiva, passandone in rassegna i motivi economici e politici ed esponendo le ragioni dei fautori e degli oppositori. L’articolo si conclude mettendo in luce i problemi lasciati irrisolti dalla direttiva, pur sostanzialmente modificata rispetto alla prima proposta presentata dalla Commissione europea. Crosetto nota infatti come la direttiva abbia escluso dal suo campo di applicazione numerosi settori la cui iniziale inclusione aveva dato luogo a molte proteste, abbia abbandonato il famigerato principio del paese di origine, e, nella sua versione finale, non affronti in modo conclusivo alcune importanti questioni che non mancheranno di riemergere negli anni a venire. I fronti lasciati aperti riguardano in particolare l’ambigua distinzione tra servizi di interesse generale (SIG) e servizi di interesse economico generale (SIEG), il ruolo concesso dai decisori politici comunitari alla Corte europea di Giustizia e la reale portata dell'esclusione del diritto del lavoro dall’ambito di applicazione della direttiva. All’approfondimento di quest’ultimo aspetto, cruciale dal punto di vista politico giacché proprio sulle questioni di diritto del lavoro la prima proposta di direttiva aveva scatenato le violente reazioni di sindacati e opinione pubblica, sono dedicati gli articoli di Stefano Giubboni e Giovanni Orlandini (La direttiva Bolkestein e i diritti dei lavoratori europei) e Massimo Pallini (La direttiva Bolkestein non ha peccati se non… l’ignavia). Il dibattito fra gli autori mette in risalto la salienza dei nodi tuttora da sciogliere. Giubboni e Orlandini mostrano infatti come la direttiva, già nella sua versione iniziale e ancor più in quella finale, non alteri il quadro ormai consolidato in materia lavoristica emerso dall’attività della Corte di Giustizia, e come le dinamiche di competizione regolativa e i connessi rischi di dumping sociale, che esistono e richiedono di essere governati, non scaturiscano tanto dalla direttiva in sé quanto dalle regole fondamentali del mercato interno. Pallini ritiene piuttosto che la direttiva costituisca un’occasione mancata di regolamentare in modo chiaro alcuni aspetti che verranno ora lasciati alla discrezionalità della Corte, e che scegliendo di abdicare alle proprie funzioni i legislatori comunitari abbiano rinunciato a fornire, attraverso la direttiva Bolkestein, un contributo per il governo delle dinamiche di competizione regolativa in Europa.
 

This section marks the beginning of a collaboration between Biblioteca della libertà and URGE, the Collegio Carlo Alberto’s European Governance Research Unit on a subject of great interest for the present and future of Europe. The issue addressed in this number is the directive on the liberalization of services, better known as the Bolkestein Directive. The section, which is edited by Stefano Sacchi, tackles one of the key issues in the European political debate in recent years, one that has triggered strong mobilization and protests and contributed to the negative vote in the Constitution referendum in France. In the first article (The Bolkestein Directive: vicissitudes and open problems), Paolo Crosetto outlines the directive in detail, reviewing its economic and political motives and setting out the cases of both promoters and opponents. The article concludes by highlighting the problems left unresolved by the directive, albeit substantially modified with respect to the first draft presented by the European Commission. Crosetto in fact notes how the directive has excluded from its field of application numerous sectors whose initial inclusion had caused protest, how it has abandoned the notorious country of origin principle and how, in its final draft, it fails to address conclusively questions that are sure to re-emerge in the years to come. More specifically, the gaps left open concern the ambiguous distinction between services of general interest (SGI) and services of general economic interest (SGEI), the role granted by Community political decision-makers to the European Court of Justice and the real scope of the exclusion of labour law from the ambit of application of the directive. To the analysis of this latter aspect – crucial from the political point of view, since it was precisely on questions of labour law that the first draft of the directive triggered the violent reactions of unions and public opinion – are dedicated the articles by Stefano Giubboni and Giovanni Orlandini (The Bolkestein Directive and the rights of European workers) and Massimo Pallini (The Bolkestein Directive is without sin save for… sloth). The debate among the authors highlights the salience of the knots that still have to be unravelled. Giubboni and Orlandini show in fact how the first draft of the directive – and the final one even more so – does not alter the now consolidated labour law framework produced by the Court of Justice. It also reveals how the dynamics of regulatory competition and the connected risks of social dumping, which exist and need to be governed, result not so much from the directive as such as from the fundamental rules of the internal market. Pallini believes instead that the directive is a missed opportunity to clearly regulate aspects that will now be left to the discretion of the Court, and that by choosing to abdicate their functions Community legislators have given up the idea of using the Bolkestein Directive to make a contribution to the governance of the dynamics of regulatory competition in Europe.

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