Abstract
Se esiste un luogo comune sulle società politiche africane, è quello degli «stati falliti». E se c’è un insegnamento che queste stesse società possono trasmetterci, è proprio la vacuità di una tale nozione. In realtà l’incisiva tesi dello «stato fallito» non fa che tradire l’incapacità della nuova teoria delle relazioni internazionali di liberarsi dalla trappola che si è costruita da sola per creare lo spartito accademico del cosiddetto «nuovo ordine mondiale» negli anni Novanta. Nell’arco degli ultimi due secoli si è verificata una generalizzazione, su scala globale, del principio dello stato-nazione, come regime di sovranità territoriale e di autonomizzazione della sfera politica. Lo stato in Africa, sebbene «importato» dalle potenze coloniali, è stato oggetto di complessi processi di «appropriazione» che gli hanno rapidamente conferito fondamenti sociali e culturali propri.
If a commonplace exists about African political societies, it’s that of ‘failed states’. And if there’s a lesson to be learnt from these societies, it is precisely the vacuity of such a notion. In reality, the incisive ‘failed state’ thesis merely betrays the incapacity of the new theory of international relations to free itself from the trap it got into when it created the academic artifice of the so-called ‘New World Order’ in the 1990s. Over the last two centuries, we have witnessed a global generalisation of the principle of the nation-state as a regime of territorial sovereignty and ‘autonomisation’ of the political sphere. Albeit imported by the colonial powers, the state in Africa has been the subject of complex processes of ‘appropriation’ that have rapidly added their own social and cultural foundations.