Abstract
Sotto il segno della «guerra al terrorismo», scopo degli Stati Uniti era la distruzione politica del Medio Oriente arabo o islamico – dall’Egitto all’Iran e oltre – cominciando dallo smembramento dell’Iraq. Obiettivo da realizzare, sul piano militare, non solo con operazioni dirette condotte dagli Stati Uniti e/o da paesi amici, ma anche provocando disastrose guerre a sfondo religioso e/o etnico tra i paesi della regione e al loro interno. Una seconda ipotesi, non in contrasto con la precedente, è che in questo stesso scacchiere, soprattutto a nord e nord-est del Golfo, gli Stati Uniti si stiano anche posizionando in vista di una futura confrontation con la Cina. E che una «linea del fronte» passi già ora per l’Iran e l’Asia centrale ex sovietica. Nel mondo occidentale è in piena elaborazione un nuovo apparato di concetti politici, etici, giuridici, strategici e altro, che insieme a opportuni strumenti linguistici e propagandistici, e tecniche di controllo politico, forniranno una dottrina politica per la condotta della nuova guerra globale. Oggi però gli americani fanno fatica a sostenere insieme l’impegno in Iraq e un’emergenza naturale interna, cioè una situazione di «mezza guerra e disastro naturale». I neocon dovranno forse rivedere i loro sogni di dominio.
With the ‘War On Terrorism’, the United States’ aim was the political destruction of the Arab or Islamic Middle East – from Egypt to Iran and beyond – starting with the dismemberment of Iraq. This was to be achieved militarily, not only through direct operations conducted by the United States and/or its partners, but also by provoking disastrous religious and/or ethnic wars among and inside the countries of the region. A second hypothesis, not in contrast with the first, is that the United States is taking up position in the same zone, especially north and north-east of the Gulf, with a view to a future confrontation with China, and that a ‘front line’ already passes through Iran and the former-Soviet central Asia. In the western world a new apparatus of political, ethical, legal, strategic and other concepts is being elaborated which, together with suitable linguistic and propagandistic instruments and political control techniques, will provide a political doctrine for the management of the new global war. Today, however, the Americans are struggling to cope with, at once, the commitment in Iraq and a domestic emergency: that is, a situation of ‘half war and half natural disaster’. Maybe the Neocons ought to review their dreams of dominion.