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Equality and non-discrimination in the European Union
Con gli articoli che compongono questa sezione – presentata da Stefano Sacchi – continua la collaborazione tra «Biblioteca della libertà» e URGE, l’Unità di Ricerca sulla Governance Europea del Collegio Carlo Alberto, nell’individuare e discutere un tema di grande interesse per il presente e il futuro dell’Europa (nello scorso n. 186 di «Bdl» era stato affrontato il nodo della cosiddetta direttiva Bolkestein). Come mostra Krzysztof Nowaczek, gli autori guardano al contributo dell’Unione Europea nella lotta alla discriminazione in base all’orientamento sessuale (l’articolo è di Robert Biedroń), in base all’età (ne scrive Olivia Bonardi) e in base all’etnia (è Fabio Zuccheri a occuparsi di protezione delle minoranze nazionali). Le azioni dell’Ue volte al miglioramento della condizione dei gruppi a rischio di discriminazione sono numerose e gli autori di questa sezione si propongono di presentarle e valutarle. Secondo Biedroń, nella direzione di vietare per legge la discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale, la Francia ha compiuto un passo importante già vent’anni fa. Alcuni paesi hanno seguito il suo esempio, altri non lo hanno fatto. L’autore ricostruisce questo processo e, al suo interno, l’importante coinvolgimento delle istituzioni europee: delinea il regime istituzionale connesso alle misure antidiscriminazione nei confronti delle persone Lgbt (lesbiche, gay, bisessuali, transessuali) e propone poi alcune osservazioni sulle questioni sociali relative a queste persone. In ultimo, al fine di offrire una migliore panoramica del contributo dell’Ue alla protezione delle persone Lgbt, analizza brevemente la loro condizione nei nuovi stati membri e negli stati terzi. Per Bonardi, il nuovo divieto di discriminazione per motivi di età comincia ad avere qualche effetto sulle politiche e sulle legislazioni degli stati membri della Comunità europea, imponendo di ricalibrare gli interventi in materia di occupazione e di politica sociale in funzione delle nuove esigenze derivanti da una società la cui composizione demografica sta rapidamente cambiando. Tuttavia, l’effetto del nuovo diritto antidiscriminatorio è per alcuni versi limitato, sia per quanto riguarda il suo ambito di applicazione sia per le ampie possibilità di deroga che sono consentite. E rimane una più complessa questione da affrontare: quella delle discriminazioni multiple o incrociate, cioè che determinano un trattamento sfavorevole della persona in ragione di più motivi e in cui l’incrocio dei fattori di discriminazione ha un effetto addirittura esponenziale, offendendo la dignità della persona in modo particolarmente pesante. La strumentazione che l’ordinamento comunitario e nazionale predispongono a tutela da questo tipo di discriminazioni è non solo scarsa ma anche problematica; si tratta di un aspetto del diritto discriminatorio tuttora da studiare approfonditamente, almeno in Italia, dove si è ancora allo stadio primordiale. Zuccheri evidenzia che gli stati membri dell’Unione continuano a considerare quella delle minoranze come una questione di competenza esclusiva della politica nazionale. In questi anni, l’Unione Europea si è limitata a promuovere una legislazione volta a combattere la discriminazione in base alla razza o l’origine etnica. Fra le condizioni per l’ingresso, ai paesi in via di adesione l’Unione ha invece posto esplicitamente la richiesta di misure a tutela delle minoranze, misure rivelatesi tuttavia, all’indomani dell’allargamento, più formali che sostanziali. In vista dell’ulteriore possibile ampliamento dell’Ue alla Turchia e ai Paesi balcanici, occorre arrivare a risultati concreti in materia di tutela delle minoranze, per non rischiare di importare situazioni pericolose per la stabilità e la sicurezza dell’Unione. Tuttavia, per poter giocare un ruolo incisivo l’Ue deve diventare una vera e propria unione politica, capace di agire nel nome di un unico popolo all’interno del quale vi saranno differenti minoranze europee.