Abstract
L'articolo si propone di esplorare le grandiose oscillazioni della fortuna americana e ragionare sul loro significato. Gli autori iniziano con una discussione delle tesi di Paul Kennedy – giudicato il maggior teorico del declino americano – per sviluppare poi alcune considerazioni sulle implicazioni dell’unipolarismo e sulla misura in cui l’idea di trasformare il momento unipolare in un assetto quasi permanente, durante la presidenza di George W. Bush, si sia tradotta in una nuova strategia imperialista. Sulla base di questi elementi viene affrontato il dibattito recente sul declino americano, per concludere con qualche riflessione sul ruolo degli Stati Uniti nell’ordine internazionale. La tesi proposta potrebbe non apparire così originale, ma è molto importante: indipendentemente dalle sfide – serie e reali – che gli Stati Uniti devono affrontare oggi, si sostiene che, in ultima analisi, non vi siano alternative agli Stati Uniti per ricoprire il ruolo di leader globale.
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The article seeks to explore America’s great swings of fortune and their meaning. It begins with a discussion of Paul Kennedy, possibly the greatest theorist of American decline. It continues with a few reflections on the implications of unipolarity and the degree to which the idea of an almost permanent unipolar moment easily segued into a new imperialist strategy under President G.W. Bush. It then discusses the new decline debate. Finally, it concludes with some reflections about the role of the United States in the world order. The thesis advanced may not be especially original. But it is critically important insofar as it argues that whatever challenges the United States currently faces – and they are serious and real – there is, in the final analysis, no real alternative to the United States as global leader.